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Prestazioni estere del libero professionista: suggerimenti

  • Autore: Dott. SCAVONE MARCO
  • 12 lug, 2019
studente

I professionisti, al pari degli artigiani e di altri tipi di lavoratori autonomi, lavorano in uno specifico settore con continuità e in modo indipendente, ricevendo dei compensi per le proprie prestazioni che sono poi soggetti a un particolare regime di imposizione fiscale.

Le regole di tassazione sono facilmente individuabili quando il professionista fiscalmente residente in Italia effettua le proprie prestazioni nel territorio italiano; diverso è il caso in cui il professionista italiano svolga prestazioni in un Paese estero, poiché, per determinare il regime impositivo, occorre coordinare le norme fiscali italiane e quelle estere. Vediamo quali sono i principi sottesi alla problematica in esame.

Il divieto di doppia imposizione

Dove e come vanno tassati i compensi dei professionisti che offrono la loro attività a committenti stranieri? Una prima risposta a tale domanda proviene dall’art. 3, co. 1 del TUIR (Testo Unico delle imposte sui redditi), secondo cui “L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti […]”. Il principio generale, dunque, è che sono soggetti a tassazione in Italia tutti i redditi dei residenti, ovunque prodotti.

Tale articolo, tuttavia, deve essere letto alla luce di un principio cardine del nostro sistema tributario, che vieta di tassare più volte uno stesso reddito: l’art. 163 TUIR, infatti, espressamente stabilisce che “La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi”. Per dare attuazione al citato divieto, l’Italia ha stipulato numerosi accordi internazionali, le cui norme, ex art. 75 del D.P.R. 600/1973, vanno applicate in luogo di quelle interne relative alle imposte sui redditi. Ove l’accordo non sia stato stipulato, il sistema tributario italiano risolve unilateralmente il problema ai sensi dell’art. 165 TUIR, che riconosce al soggetto residente in Italia un credito per le imposte versate all’estero.

Il criterio della stabile organizzazione

L’OCSE ha elaborato un modello di convenzione contro la doppia imposizione che inizialmente disciplinava i redditi da lavoro autonomo all’art. 14, poi abrogato. Tali redditi sono ora assimilati ai redditi d’impresa e per essi la norma base va rintracciata nell’art. 7 della convenzione, secondo cui il regime impositivo va determinato accertando la presenza di una base fissa all’estero.

In pratica, se il professionista dispone in un Paese straniero di un luogo fisico che lo identifica chiaramente, di una struttura di propria pertinenza che utilizza in autonomia, in quello Stato dovrà dichiarare i redditi prodotti svolgendo l’attività professionale attraverso quell’ufficio. Non dovrà invece pagare imposte estere per la sua prestazione professionale se non dispone di una base stabile in loco, ad esempio se lavora per un’azienda committente straniera svolgendo la propria prestazione in Italia (online, da casa, dal proprio studio professionale italiano), ipotesi in cui la tassazione dei compensi deve avvenire in Italia.
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